Autore: Architetto Glauco Marcheggiani
Epoca: 1970-1971
Descrizione e caratteristiche
È una chiesa moderna. La struttura portante è in cemento armato con tetto in legno con copertura in rame. La pianta è quadrata (m. 20 x 20). Un porticato corre su due lati. Il tetto si eleva progressivamente dall’ingresso fino al presbiterio, le linee essenziali e semplici sono ispirate alla forma della tenda del popolo d’Israele che, durante il cammino dall’Egitto alla Terra Promessa, custodiva l’Arca dell’alleanza, simbolo della presenza di Dio.
Sei colonne in cemento reggono il soffitto a vela. Le strutture lignee determinano una chiara sequenza e sottolineano sia l’andamento in pianta come il movimento prospettico verso l’alto. La vetrata sovrastante la porta d’entrata è composta da molti pezzi di vetro soffiato colorato: colori cupi in basso, più caldi verso l’alto, in modo da creare all’interno, nell’ingresso, una zona scura che rappresenta le tenebre, che si illumina gradatamente verso l’altare; la chiesa è vista quindi come luogo dove l’uomo viene condotto fuori dalle tenebre verso la luce eterna di Dio.
L’altare è in granito bocciardato. Dietro, una panca la cui forma riprende quella della chiesa. Alla sua sinistra grande crocifisso in bronzo (m. 2.00) con Cristo ancora in vita opera (1970) di Don Luciano Carnessali. Sotto ad esso il fonte battesimale proveniente dalla vecchia chiesa ad indicare la continuità svolta dal nuovo edificio.
A destra dell’altare altra opera di Don Luciano, tabernacolo in bronzo con incisione: Mosè e il popolo d’Israele nutrito con la manna. (1970- cm.60x40x50). Sulla parete destra interessanti tele.
Nei pressi dell’entrata vi è un’acquasantiera progettata da Lanfredini Italo, un catino in granito bocciardato all’esterno e lucidato all’interno poggiato su di un pilastro sfaccettato che richiama la struttura dei pilastri interni, pure sfaccettati.
Sotto il pavimento della chiesa pergamena che ricorda il voto del 1944 e i sacrifici sostenuti dalla popolazione per l’edificazione del nuovo tempio.
Brevi notizie storiche
La costruzione di questo edificio di culto si è resa necessaria per la scarsa capienza e le cattive condizioni della vecchia chiesa. Fu eretta a seguito del voto del 1944 fatto da tutte le famiglie di Bondo che ponevano sotto la protezione del Sacro Cuore di Gesù e della Madonna del Carmine la casa, i figli in guerra e l’integrità della famiglia. Bondo è stato l’unico paese delle Giudicarie che non ha subito vittime in guerra.
Il voto fu assolto. Nel 1967 Mons. Gottardi in una sua visita consigliò di costruire una nuova chiesa (alcuni avrebbero voluto restaurare quella vecchia). I lavori di costruzione nel 1970-71 furono eseguiti dall’impresa Ferruccio. e Fiore Bonenti, con posa della prima pietra il 29 giugno 1970. In seguito il restauro di tre tele nel 1983.
Consacrazione della Chiesa Parrocchiale
II giorno 18 luglio 1971 cadeva nella terza domenica di quel mese, in concomitanza con la celebrazione solenne della festività della Madonna del Carmine, alla cui devozione la Comunità di Bendo è legata da antichissima data. A riprova di quanto detto, nella vecchia Chiesa, a sinistra per chi entra dal fondo, nell’angolo formato dall’arco trionfale del presbiterio con parete, si trova l’altare della Madonna del Carmine, consacrato il 12 agosto 1663 dal Vescovo Carlo Emanuele di Madruzzo.
In quel 18 luglio 1971, come si legge nel decreto allegato, S. Eccellenza Mons. Alessandro Maria Goliardi ha solennemente consacrato, secondo il rito del Pontificato Romano, in onore di S. Barnaba Apostolo, la nuova Chiesa Parrocchiale di Bondo.
(sintesi di testi vari, con integrazione di una scheda di rilevazione di Rossella Peretti)
La chiesa di San Barnaba, antica e nuova: la memoria della fede
Colui che, arrivato all’ingresso dell’abitato di Bondo, lì dove comincia la scalinata del Monumentale Cimitero Austroungarico, decida di non proseguire sulla statale verso Brescia, ma si conceda qualche tempo per entrare nel nucleo storico del paese, ha l’opportunità di gustare la vista dell’antica chiesa dedicata a San Barnaba, compagno di evangelizzazione di San Paolo, patrono di Bondo da tempi immemorabili.
Non è agevole rintracciare fonti documentate della sua storia: ripetuti incendi hanno distrutto gli archivi della curazia di Bondo. Ci restano gli studi di Alberto Mognaschi che ci informano dell’anno della consacrazione, il 1445, e delle successive ricostruzioni e riconsacrazioni, come degli abbellimenti di epoca barocca (cfr: Due paesi, una storia – vol. Bondo e Breguzzo dalle origini al millesettecento, Ed. Rendena, 1992).
La facciata sud ha mantenuto pressoché intatta l’originaria impostazione medievale degli elementi compositivi, offrendo a chi la guarda un’impressione di sobria armoniosa semplicità. Essa è ben inserita nel centro storico di Bondo e si affaccia su una tranquilla piazzetta, di fronte ad un antico avvolto sotto il quale, in tempi passati, si tenevano le regole dei vicini.
L’interno, l’unica navata luminosa, con la volta a crociera sorretta da lesene e archi di granito, porta le tracce degli ornamenti aggiunti nei secoli successivi. Vi spicca l’altare maggiore, opera del maestro Andrea Filippini di Rezzato, come risulta dal contratto stipulato nel 1784. Il materiale usato è il marmo bianco di Trento, mentre le rifiniture e gli ornati, come pure il tabernacolo, sono di un marmo colorato, più pregiato, detto africano. Caratteristica dell’altare è l’originale linea concava che conferisce all’opera un movimento ed una particolare leggerezza. Un tempo sormontava l’altare la grande pala, opera attribuita al pittore veronese Giovanni Battista Lorenzetti. In alto è raffigurata la Vergine in trono con il Bimbo ed ai suoi piedi, in primo piano sulla destra, l’imponente figura di San Barnaba, in ricco piviale dorato, attorniato da altri santi. Oggi la pala è ammirabile nella chiesa parrocchiale.
A sinistra per chi entra dal fondo, nell’angolo formato dall’arco trionfale del presbiterio con la parete, si trova l’altare della Madonna del Carmine. La parte inferiore dell’altare fino alla mensa è di marmo, mentre la parte superiore è lignea policroma e dorata. Sui due lati ci sono colonne ornate a viticci e terminanti in capitelli che reggono un timpano. In corrispondenza di questo altare, sulla destra per chi entra dalla porta principale, si trova l’altare di Sant’Antonio che ricalca le linee del precedente.
Due dipinti di grandi dimensioni, eseguiti con la tecnica dell’olio su tela da pittori del XVII secolo, appartenevano alla Chiesa di San Barnaba, ma oggi sono collocati, come la pala, nella chiesa nuova: uno raffigura la “Madonna con il transito di San Giuseppe” conosciuto anche come “Morte di San Giuseppe”, opera di Bartolomeo Zeni del 1793; un altro raffigurante la “Sacra Famiglia” ma citato come “Riposo durante la fuga in Egitto”.
Le confraternite
Ai due altari sopra nominati erano erette le due confraternite dei fedeli di Bondo: quella del Carmine e quella della Disciplina (o dei “battuti”). Si trattava di associazioni ecclesiali laicali i cui membri si chiamavano “fratelli” volendo perseguire un cammino comune di fede e di preghiera. Sopravvissute fino al secolo scorso, esse rappresentano un fenomeno quanto mai interessante per la sociologia della religione, che riscontra analogie nelle diverse culture e tradizioni, nonché con le moderne aggregazioni ecclesiali che nascono per iniziativa del clero o “dal basso”, dal popolo, dal libero soffio dello Spirito secondo le prospettive dell’ecclesiologia conciliare.
Si potrebbero accostare le confraternite anche a talune forme di “impresa sociale” moderna, dato che costituivano non solo una realtà religiosa o liturgica, ma pure un fenomeno economico di rilievo, riuscendo a muovere conferimenti di beni e denaro che consentivano la realizzazione di obiettivi sociali altrimenti scoperti e di opere imponenti com’era per il tempo la costruzione di una chiesa o il suo abbellimento. Ne abbiamo testimonianze negli atti notarili, custoditi nell’Archivio di Stato, in cui si trovano frequenti tracce di transazioni a beneficio delle confraternite.
Un dipinto, pure oggi conservato nella chiesa nuova di San Barnaba a Bondo, ci dà modo di vederli questi confratelli “battuti”. Si trovano nella parte bassa di una tela di autore anonimo del XVII secolo. Sotto le figure di tre santi adoranti il Bambino, compaiono le teste incappucciate dei “battuti”, alcune irriconoscibili, altre molto realistiche e probabilmente identificabili dai contemporanei. Anch’esse come i Santi, sono protagonisti dell’azione sacra e vi partecipano in preghiera.
Il restauro della chiesa di San Barnaba
Nel 1997 alla ditta Tecnoart di Besenello fu affidato il lavoro di restauro dell’antica chiesa di S. Barnaba a Bondo. Facevo parte del gruppo dei 3 restauratori, con i colleghi Ingrid Ceolin e Andrea Corradini.
Iniziammo il lavoro partendo dalla pavimentazione, asportando pezzo per pezzo le lastre di pietra e di mattoni e catalogandole per poterle rimettere al giusto posto. Si doveva infatti provvedere al riscaldamento e collocarlo sotto la pavimentazione della navata centrale.
Dopo aver tolto il pavimento è stato collocato il ponteggio su tutta la navata e nel presbiterio per iniziare il restauro delle belle decorazioni delle volte a crociera della navata, consistenti in ornamenti geometrici e floreali. Il degrado degli intonaci sottostanti presentava danneggiamenti dovuti all’azione disgregante dell’umidità di risalita. Tale disagio si propagava capillarmente e, in parte, anche sulle volte, dove si notavano in aggiunta delle infiltrazioni di acqua piovana provenienti dal tetto.
La pellicola pittorica delle decorazioni si era polverizzata su vaste zone e si era sollevata a causa della presenza di muffe e sali. Nel presbiterio la decorazione – composta da affreschi, cartigli in gesso, cornicioni e inserti a foglia d’oro su tutti gli ornamenti – mostrava il perpetuarsi di tali danneggiamenti.
Anche le due stanze comunicanti e adiacenti al presbiterio presentavano lo stesso degrado sull’intonaco, sulle decorazioni e sulle cornici. Il nostro lavoro ha provveduto alla ricostruzione di tutte queste decorazioni, compreso il recupero della foglia d’oro.
Poi siamo passati al restauro degli altari con lo smontaggio di ogni elemento lapideo, la ripulitura e il successivo riposizionamento al giusto posto. Infine sono stati restaurati i due affreschi esterni sulla facciata principale. Poi siamo passati al scoprimento degli intonaci del presbiterio per risalire alla cromia originale, diversa a seconda delle campiture delimitate dalle cornici.
La chiesa è stata da noi restaurata nel suo complesso e debbo dire che è stata un’esperienza gratificante anche dal punto di vista umano oltre che professionale. Siamo stati accompagnati sempre dalla gentilezza e dall’accoglienza delle persone che abitano nei pressi della chiesa, e di tutti i Bondesi. Un ricordo particolare va alla signora Dilia Bonazza.
Dopo poco più di un anno di lavoro, il restauro è stato portato a termine con la gioia di aver riconsegnato alla comunità un’opera di grande valore storico e artistico
(di Maria Gabrielli)